A Savona la comunità che dirige i bagni Raphael: senza proprietari
C’è una spiaggia sul litorale di Savona che è uno stabilimento senza proprietari, dove tutti i clienti hanno un pizzico di oneri ed onori da assolvere e di cui godere: c’è chi gestisce il bar, chi si occupa della cucina, bagnanti che si trasformano in falegnami o che organizzano tornei di beach volley.
Si tratta dei bagni Raphael. «Dietro al bancone del bar lavorano, a turno, tutte le famiglie della spiaggia – spiega Flavio Ermellino, presidente del circolo Acli che gestisce i Bagni Raphael – I bagnini sono nostri figli. Ombrelloni e lettini sono di tutti, senza differenza tra prima e ultima fila. L’utilizzo dell’area giochi, del campo da beach volley, del ping pong sono gratuiti. L’ingresso alla spiaggia è riservato solo ai soci. Chi diventa socio sa che deve mettersi a disposizione per dare una mano, perché di lavoro ce n’è sempre tanto. Tutti si prestano gratuitamente, a titolo volontario».
Il diritto ad accedere ai bagni si paga in natura, ovvero mettendo le proprie capacità a disposizione della comunità: ogni famiglia – e ad oggi se ne contano circa ottanta -, sa di doversi occupare del bar almeno una settimana ogni due anni.”
Una voglia di comunità, oltre che di risparmio, che affonda le radici in un passato di salsedine e operaismo, con i camalli che spesso andavano a braccetto con i preti. La struttura è stata fondata nel 1972 da Giovanni Nasi, per tutti don Giuan. Successivamente decise di prendere una baracca di lamiera in riva al mare, mettendo insieme un circolo con amici e parenti.
Ora è divenuto un autentico stabilimento, che paga regolarmente la concessione demaniale. «Cerchiamo di portare avanti la spiaggia con lo stesso spirito con cui la creò don Giuan – dicono alcuni bagnanti -. Grazie al lavoro della comunità e organizzando, quando possibile, iniziative a sfondo benefico». La scorsa estate, per esempio, uno degli eventi è servito per raccogliere fondi da destinare a Lara e Gaia, due gemelline savonesi malate di Sma. «È una spiaggia che vive soprattutto di sera – continua Ermellino – quando la gente torna dal lavoro. Spesso ceniamo tutti insieme e arriviamo a essere più di settanta».
Non solo un costo irrisorio di cabine e lettini, ma la grande vittoria di aver creato una vera e propria comunità pronta a divertirsi e a collaborare per un impegno comune.