L’arte del drink: il mestiere del bartender
Non è solo questione di mix: come creare un cocktail con arte e passione
Barista, barman, bartender. Sinonimi? Non al 100%. Se da una parte questi tre mestieri possono sembrare molto simili, in realtà le differenze sono sostanziali. Professione bartender? Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Modernità, creatività e spettacolarità. È questa la ricetta che rende unico un professionista dei cocktail. Se da una parte il barman e il barista stanno dietro al bancone miscelando bevande e preparando stuzzichini, il bartender esegue il suo lavoro con maggiore dinamismo aggiungendo all’abilità del mixologist anche quella dell’acrobata. Il suo approccio è veloce e ogni cocktail non è più soltanto un drink ma una vera e propria opera d’arte. Fantasia e misura, è questo il mantra. Non basta infatti conoscere gli ingredienti e mescolarli tra loro, occorre saperne gestire le quantità con precisione, creare i gusti, regalare un’emozione a ogni sorso.
Il bartender trova la sua collocazione naturale in ambienti con un grande afflusso di gente come pub e discoclub, il suo stile caratterizzato da mosse di freestyle e giochi di abilità si presta perfettamente per calamitare l’attenzione dei clienti e trascinarli verso il bancone. In fondo, anche questo è marketing!
Questione di mix
Rimanere affascinati davanti a un bartender all’opera è piuttosto semplice: estro, rapidità e spettacolari lanci di bicchieri e bottiglie incantano e incuriosiscono. L’insieme di queste tecniche acrobatiche si chiama flair e consiste in coordinatissimi passaggi dietro la schiena, roteazioni in area, versaggi in contemporanea e un servizio finale di qualità. Inutile specificare che tutto ciò, oltre a dare prestigio al professionista, si traduce in visibilità per il locale, pubblicità e di conseguenza un incremento delle consumazioni.
L’arte della miscelazione è sempre in evoluzione: un bartender infatti non è soltanto un mero esecutore bensì un creativo. In ogni mix è possibile individuare un tocco personale, un processo di crescita che può portare i più bravi a diventare delle vere e proprie eccellenze ottenendo risultati significativi anche nelle competizioni dedicate al settore.
C’era una volta la professione bartender
Una professione moderna? Non troppo! Sono trascorsi più di 150 anni da quando l’americano Jerry Thomas ha sviluppato le prime tecniche acrobatiche dando vita ai rudimenti di flair bartending. È nel XIX secolo infatti che il ruolo del barista inizia a cambiare dando a questo mestiere una connotazione artistica, trasformando dei semplici impiegati da bar in giocolieri. Fu proprio lo stesso Thomas a realizzare il primo ricettario di cocktail e a rendere la preparazione dei drink uno spettacolo di manualità e abilità.
Oggigiorno la professione del bartender si combina sempre più con le logiche di mercato e le evoluzioni sociali del nostro tempo: non si tratta più di saper stare dietro al bancone, al contrario bisogna essere predisposti a un contatto continuo col pubblico. Occorrono dunque spiccati doti comunicative, pazienza, diplomazia, resistenza allo stress. Si tratta di un tipo di lavoro frenetico che deve necessariamente sposare l’efficienza del servizio e la capacità di sedurre il consumatore. Proprio per questa ragione è fondamentale non improvvisarsi. La domanda da parte dei locali è molto elevata soprattutto durante l’alta stagione, occorre però formarsi per acquisire una competenza tale da trasformare un barista in un bartender.
La formazione: come si diventa bartender
Il bartender non si improvvisa, dietro un professionista ci sono la scuola, la gavetta e tanta pratica. Per approcciarsi a questa professione è importante saper coniugare le nozioni teoriche (lo studio delle ricette, la conoscenza dei prodotti, etc.) alla pratica: è un mestiere in cui c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Dopo aver frequentato un’accademia ad hoc e aver così appreso le tecniche di base, è indispensabile mettersi dietro al bancone e iniziare il proprio training affiancando un esperto. I margini di crescita sono molto ampi tanto che gli sbocchi nel campo della ristorazione si estendono anche alle aree manageriali o all’imprenditoria. La spiccata versatilità rende il bartender un elemento strategico per il successo di un locale: è un creativo, uno ‘psicologo’, un uomo di marketing, rappresenta spesso l’immagine stessa del luogo in cui lavora. Proprio per quest’ultimo motivo, anche il look non può passare in secondo piano: una divisa ordinata e pulita e un atteggiamento composto, discreto e rispettoso sono dei punti fermi che non vanno mai trascurati.
Cosa serve
Che sia un night club, una discoteca, un pub o un locale sofisticato ed esclusivo, quello che importa è che il bartender sia qualificato e competente: deve saper mixare i cocktail, conoscere i vini e saper consigliare la giusta birra a seconda dei gusti e delle preferenze del cliente. Ma non solo. Alle nozioni strettamente legate alla preparazione dei drink e alle conoscenze base di ristorazione e caffetteria, si sommano l’estetica – necessaria per presentare al meglio le proprie creazioni -, l’abilità di vendita, la conoscenza dettagliata dei prodotti utilizzati e dei servizi offerti, la gestione del magazzino e non in ultimo la cura dell’igiene del piano di lavoro, delle stoviglie e degli attrezzi del mestiere. Oltre alle tecniche da manuale non bisogna sottovalutare le doti personali: problem solving, capacità organizzative e relazionali, atteggiamento socievole e positivo. Un sorriso? L’arma vincente.
Il kit del bartender perfetto
Essere un buon bartender dipende sicuramente dalla propria formazione, dalle abilità personali ma anche dalla qualità degli strumenti a disposizione. Non è solo questione di bicchieri e bottiglie, il kit perfetto richiede degli attrezzi ben precisi e una postazione di lavoro impeccabile.
Lo shaker è sicuramente l’oggetto più famoso, serve a mescolare gli ingredienti con energia e spesso si combina con il mixing glass, un bicchiere in vetro adatto a creare quei cocktail che non richiedono di essere mescolati con vigore. Esiste inoltre una sorta di maxi shaker noto come Boston o shaker americano.
Immancabili inoltre il bar spoon – ovvero il cucchiaio dal manico lungo -, il dosatore in acciaio che permette di versare con precisione i succhi di frutta e gli alcolici, il pestello e il filtro per trattenere il ghiaccio durante la colatura del preparato.
Inutile precisare che altrettanto fondamentali sono quegli utensili che garantiscono l’igiene, dunque il tagliere e la pinza per decorare i cocktail con i pezzi di frutta (mai toccarla con le mani!), i tovaglioli, i sottobicchieri e le immancabili cannucce in plastica.
Qual è il cavallo di battaglia di qualunque bartender? Il miglior cocktail è quello che crea mixando sapientemente la sua passione, l’arte, il piacere per la vita, l’eleganza e più di qualche goccia di divertimento. Non è una semplice pedina sulla scacchiera, è colui che fa la differenza.
AUTORE Gaia Guarino